30 aprile 2009

…silence…


18 aprile 2009

And so it is
Just like you said it would be
Life goes easy on me
Most of the time
And so it is
The shorter story
No love, no glory
No hero in her sky

I can’t take my eyes off of you
I can’t take my eyes off you
I can’t take my eyes off of you
I can’t take my eyes off you
I can’t take my eyes off you
I can’t take my eyes…

And so it is
Just like you said it should be
We’ll both forget the breeze
Most of the time
And so it is
The colder water
The blower’s daughter
The pupil in denial

I can’t take my eyes off of you
I can’t take my eyes off you
I can’t take my eyes off of you
I can’t take my eyes off you
I can’t take my eyes off you
I can’t take my eyes…

Did I say that I loathe you?
Did I say that I want to
Leave it all behind?

I can’t take my mind off of you
I can’t take my mind off you
I can’t take my mind off of you
I can’t take my mind off you
I can’t take my mind off you
I can’t take my mind…
My mind…my mind…
‘Til I find somebody new

Damien Rice – The blower’s daughter


deep inside

10 aprile 2009

Forse dovrei smetterla di pensare, e di scavare, e di rivivere. Forse deve solo passare quest’altra giornata di festa che arriva e che per me semplicemente non ha senso. Come tutte le festività, da 5 anni ormai.
Mi danno fastidio. Mi danno fastidio lo sfarzo, il cibo, le scampagnate obbligate, le risate, la cioccolata. Mi danno fastidio i parenti, gli auguri, mi danno fastidio queste nottate.
Io non lo so affrontare questo periodo dell’anno, io proprio non ci riesco.
C’è aprile che è mese di primavera, e fiori, e sole e uccellini cinguettanti. E c’è aprile che si porta dietro dolore, stanchezza, lacrime, giornate passate a sperare, vita vissuta giorno per giorno in attesa della normalità.
Quella normalità che non è più tornata. E che non tornerà mai più.


the waste land

9 aprile 2009

Aprile è il più crudele dei mesi, genera
Lillà da terra morta, confondendo
Memoria e desiderio, risvegliando
Le radici sopite con la pioggia della primavera.
T.S. Eliot


ticking away

29 marzo 2009

E insomma succede che oggi c’ho un’ora in meno per fare un sacco di cose.
Damn it.


it’s oh so quiet

17 marzo 2009

Mi siedo, lascio scorrere le dita su questi tasti bianchi e la mente riesce incredibilmente a non fuggir via dove ha sempre desiderato ultimamente.
Serena. E’ tempo per quei miei pensieri da troppo reclusi, tempo per me. Sono attimi che hanno un senso, che mi fanno sorridere e mi lasciano addormentare la sera apprezzando ogni minuto di sonno che rubo alla notte.
Senza dover scappare, pensando solo a vivere. Semplicemente vivere.

Un attimo ancora. Due attimi ancora. Tre attimi ancora.


don’t believe the truth

23 febbraio 2009

E poi stamattina mi sono ritrovata ad ascoltare, in loop forzatamente causa vicina molesta, la canzoncina che tra le nuove proposte (ma non si chiamavano giovani una volta? Bah) ha vinto quel grande baraccone del festival di Sanremo.

Sincerità.
Sincerità.
Un elemento imprescindibile per una relazione stabile.

E allora. Allora non sono matta io. Non sono io che pretendo chissà cosa e faccio indigestione di paranoie per continuare a correre sul filo del mio equilibrio così precario eppure così stabile. Non sono io quella strana che si rifiuta di accettare anche le bugie bianche, quelle fatte “a fin di bene”. Perché poi se ci pensi fanno più male delle nere, le bugie bianche. Se davvero sono sciocchezze quelle che cerchiamo di nascondere allora è inutile impegnarci così tanto. Che senso ha complicarsi la vita quando la verità è la strada più facile? Tanto sono sciocchezze, no? Sono stupidaggini. Non cambieranno di certo la mia percezione, né potrei mai legarmele al dito per poi usarle in futuro quando più mi fa comodo. Non hanno tutta questa importanza se sono sciocchezze, mi sembra ovvio.
E invece no. E’ giusto mistificare, è giusto alterare la forma delle cose anche quando non ce ne sarebbe bisogno. Ma insomma che meccanismo perverso c’è dietro? Mi sfugge. A me sfugge sul serio. Perché io non voglio che gli altri mentano per compiacere me, per farmi vivere in quella fottuta atmosfera illusoria che sono tanto bravi a costruire apposta per me. Non la voglio quella bolla di sapone che dovrebbe teoricamente proteggermi. Io voglio sbattere in faccia alla realtà, scontrarmi, ferirmi, farmi male, sanguinare e urlare dal dolore. Ma subito, non dopo. Perchè il dopo c’è sempre, solo che poi è più difficile rimarginare le ferite.
E allora non lo voglio quel finto senso di protezione che tutti sono capaci di offrire, non voglio quella superbia di chi pensa di sapere tutto e si permette di vomitarmi addosso parole vuote e senza alcun senso reale. Perché per me le parole hanno un valore, un valore enorme. Io non parlo per far sentire che ho una bella voce, parlo per far sentire ciò che sento io. Parlo perché c’è qualcosa dentro che spinge e preme e deve uscir fuori e non so bloccarla. Altrimenti sto zitta. Non sono come voi che sapete sempre quando parlare e come parlare, voi che siete convinti di tutto, che sapete sempre cosa è più giusto fare, cosa è più giusto per me.
Non ce le avete le chiavi del mondo. E tanto meno avete le chiavi del mio. Mettetevelo bene in testa.
Sarebbe già un ottimo inizio.


dis-giunzioni astrali

10 febbraio 2009

A volte mi sento come una stella che viene intrappolata in un buco nero. Non ho scampo.
Posso solo esplodere.
Come una supernova.


tempi mentali

2 febbraio 2009

Non è vero che si può seppellire il passato. Il passato si aggrappa con ogni suo appiglio al presente.

Una volta era, quasi sempre, “Come stai?” “Tutto bene, grazie”.
Ora è, quasi sempre, “Come stai?” “Sto”.

Sto. Sto. Sto(p).


inconsciamente

26 gennaio 2009

Ho visto Sogni e Delitti. Che probabilmente non c’entra niente, o forse sì. E insomma stanotte ho sognato. O meglio, mi sono ricordata il sogno che ho fatto. Che dovevo prendere questo treno. E correvo correvo correvo. E alla fine riuscivo a salirci. Riuscivo anche a trovare un posto a sedere accanto a un ragazzo che era lì tutto preso a leggere un libro dalla copertina blu e nera. Tutta blu, con un omino nero stilizzato sul lato sinistro. Mi infilavo le cuffie nelle orecchie e iniziavo a sovrapporre la mia voce a quella di Damien Rice, sussurrando, in modo da farmi sentire quasi impercettibilmente dagli altri nella carrozza. E stavo bene, ero serena.
Solo che poi mi accorgevo di aver preso il treno nella direzione sbagliata.
Ecco, la mia vita va un po’ così per ora.